Città di Fermo

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venerdì 29 settembre 2017
Stagione d'Opera 2017

In cartellone "L'Elisir d'amore" e "La Bohème"

Presentata oggi la Stagione d'Opera 2017 della Città di Fermo. In cartellone "L'Elisir d'amore" di Gaetano Donizetti (21 ottobre 2017- anteprima per le scuole il 19 ottobre) e "La Bohème" di Giacomo Puccini (7 dicembre; anteprima per le scuole 6 dicembre).

 

Il programma:

 

Giovedì 19 ottobre 2017 – ore 21,00

(anteprima prelazione per le scuole)

 

Sabato 21 ottobre 2017 – ore 21,00

 

 

 

Gaetano Donizetti

L’ELISIR D’AMORE

melodramma giocoso in due atti

libretto di Felice Romani

editore Casa Ricordi, Milano

 

Direttore d’orchestra FRANCESCO OMMASSINI
Regia SAVERIO MARCONI ripresa da FABRIZIO ANGELINI

FORM / ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
Coro del Teatro della Fortuna  “Mezio Agostini”

Maestro del coro Mirca Rosciani

 

Allestimento Rete Lirica delle Marche 

 

Coproduzione della  RETE LIRICA DELLE MARCHE

Teatro dell’Aquila di Fermo, Teatro della Fortuna di Fano,

Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno

 

 

Personaggi                 Interpreti

Adina                         Angela Nisi

Nemorino                   Davide Giusti

Belcore                       Bruno Taddia

Dulcamara                 Enrico Marabelli

Giannetta                    Sara De Flavis

 

 

ATTO PRIMO

Paesi Baschi. Fine del XVIII secolo.

I mietitori stanno riposando all’ombra mentre la loro fittavola Adina legge un libro che narra la storia di Tristano e Isotta. Il contadino Nemorino la osserva ed esprime per lei tutto il suo amore e la sua ammirazione, dolendosi della propria incapacità di conquistarla. I contadini chiedono ad Adina di leggere ad alta voce e lei riferisce la storia di Tristano che, innamorato della regina Isotta, ricorre a un filtro magico che lo aiuta ad attirare il suo affetto e la sua fedeltà.

Mentre Nemorino sogna di trovare questo magico elisir, arriva al paese il sergente Belcore con lo scopo di arruolare nuove leve. Egli corteggia Adina e le propone di sposarlo, ma la bella ragazza risponde di volerci pensare. Segue un duetto tra Adina e Nemorino in cui la donna espone la sua teoria sull’amore: l’amore fedele e costante non fa per lei. Arriva il dottor Dulcamara che sfoggia alla gente le proprie portentose pozioni: Nemorino gli chiede se per caso abbia l’elisir che fa innamorare e il ciarlatano gli offre per uno zecchino una bottiglia di vino Bordeaux, spiegando che l’effetto si farà sentire dopo un giorno (quando egli sarà già lontano dal villaggio!). Nemorino beve l’elisir e si ubriaca: ciò lo fa diventare disinvolto tanto da mostrarsi indifferente nei confronti di Adina, che subito prova un certo fastidio, abituata com’è a sentirsi desiderata. Per vendicarsi dell’indifferenza di Nemorino, Adina accetta di sposare Belcore, che però dovrà partire il giorno dopo, dunque le nozze saranno celebrate subito.

Nemorino cerca di convincere Adina ad attendere fino al giorno successivo (così nel frattempo l’elisir farà effetto...), ma Adina se ne va con Belcore.

 

 

ATTO SECONDO

Fervono i preparativi per le nozze. Dulcamara e Adina improvvisano una barcarola a due voci. Quando giunge il notaio, Adina dice di voler aspettare la sera, perché vuole sposarsi in presenza di Nemorino, per punirlo della sua indifferenza. Nemorino vuole comperare un’altra bottiglia di elisir ma non avendo più denaro si arruola tra i soldati di Belcore per avere la paga. Il sergente ottiene così di allontanare il suo rivale. Giannetta sparge la notizia che Nemorino ha ottenuto una grande eredità da uno zio. Questo non lo sanno né l’interessato, né Adina, né Dulcamara: la novità fa sì che le ragazze del paese corteggino Nemorino inducendolo a pensare che sia l’effetto dell’elisir. Dulcamara osserva perplesso, Adina si ingelosisce. Dulcamara le racconta di aver venduto a Nemorino l’elisir e lei capisce di essere amata da lui. Nemorino gioisce quando si accorge di una lacrima negli occhi di Adina, che gli rivela che probabilmente anche lei lo ama. La ragazza riacquista il contratto di arruolamento del giovane, invitandolo a restare nel paese. Nemorino è deluso, vorrebbe una dichiarazione d’amore esplicita che non arriva e allora dichiara di volersene andare: solo allora Adina cede e dichiara di amarlo. Belcore conclude che in un altro paese troverà qualche altra ragazza da corteggiare, Dulcamara se ne va trionfante per il successo del suo elisir!

 

 

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L’AMORE OGGI COME IERI

di Francesco Lanzillotta

 

L’amore oggi come ieri, l’amore come gigantesca forza, l’amore è felicità, disperazione, vita e morte.

Niente nel corso della nostra esistenza potrà farci sentire invincibili come essere amati e amare.

Ma amore significa irrazionalità, significa impulsività e coraggio, tutto ciò che viene premeditato attraverso una strategia è destinato a fallire.

Guarda caso colui che “vende” la ricetta per la felicità è proprio quello che, evidentemente, sa che l’amore non si compra.

Ma un buon venditore riesce a farci credere che un pezzo di latta sia argento.

Se amore è forza che smuove le montagne però, nulla potrà mai vincerlo o ingannarlo; Nemorino e Adina si innamorano e quell’elisir non serve a nulla, Dulcamara lo sa, così come sa che, almeno una volta nella vita, avremmo voluto tutti che servisse davvero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mercoledì 6 dicembre 2017 – ore 21,00

(anteprima prelazione per le scuole)

 

Giovedì 7 dicembre 2017 – ore 21,00

 

 

 

 

 

 

Giacomo Puccini

LA BOHÈME

opera in quattro quadri

libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica

Direttore d’Orchestra MATTEO BELTRAMI 
Regia LEO MUSCATO

FORM / ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA

Coro Ventidio Basso

Maestro del coro Giovanni Farina

 

 

Allestimento Associazione Arena Sferisterio – Macerata Opera Festival

 

Coproduzione della  RETE LIRICA DELLE MARCHE

Teatro dell’Aquila di Fermo, Teatro della Fortuna di Fano,

Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno

 

 

 

 

 

Personaggi                             Interpreti

Mimì                                       Benedetta Torre

Musetta                                   Barbara Bargnesi

Rodolfo                                   Giordano Lucà

Marcello                                 Marcello Rosiello

 

 

 

 

 

QUADRO PRIMO – Parigi. Nella soffitta dove vivono, Rodolfo e Marcello cercano di riscaldarsi

bruciando un manoscritto di Rodolfo. Arrivano anche Colline, il filosofo della compagnia, e Schaunard, un musicista che ha avventurosamente guadagnato qualche soldo. Gli amici decidono di festeggiare la vigilia di Natale al ristorante Momus, ma arriva Benoit, il padrone di casa venuto a reclamare l’affitto. Costui, costretto a bere dagli inquilini, si lascia andare a confidenze sulle sue infedeltà coniugali e viene cacciato dai giovani che si fingono indignati. I quattro amici escono, ma Rodolfo si attarda. Sente bussare alla porta: è Mimì, una giovane inquilina del palazzo che domanda al vicino di riaccenderle il lume spentosi per le scale. Mimì si sente male: è il primo sintomo della tisi e Rodolfo la rinfranca con un po’ di vino accanto al fuoco. Quando la giovane sta per andarsene, si accorge di aver smarrito la chiave della stanza; un colpo d’aria spegne la sua candela e quella del giovane. Inginocchiati sul pavimento, al buio, i due iniziano a cercarla; Rodolfo la trova, la nasconde in tasca e stringe la piccola mano di Mimì. Gli amici dalla strada protestano per l’attesa che si prolunga. Rodolfo li assicura che presto li raggiungerà e stringe Mimì in un abbraccio. I due giovani escono scambiandosi parole d’amore.

 

QUADRO SECONDO – Tra la folla del Quartiere Latino, davanti al Momus, Colline e Schaunard fanno acquisti, mentre Rodolfo e Mimì camminano felici. Solo Marcello è triste: la bella Musetta lo ha abbandonato per rincorrere nuovi amori. Al caffè di Momus i giovani, dopo la presentazione di Mimì, ordinano la cena e appare intanto Musetta, seguita da un ricco anziano ammiratore, Alcindoro de Mitonneaux. La bella giovane, allontanato con un pretesto il vecchio amante, civetta con Marcello che non riesce a resisterle e i due fuggono con gli amici unendosi alla folla che segue la banda militare e lasciando i conti da pagare ad Alcindoro.

 

QUADRO TERZO –  Alla Barriera d’Enfer, Mimì, pallida e sofferente, parla con Marcello: la vita con Rodolfo è diventata impossibile per le continue liti. Dal cabaret esce Rodolfo che ha passato la notte ospite dell’amico. Mimì si nasconde e può ascoltare la dolorosa confessione di Rodolfo a Marcello. L’uomo sa che la giovane è morente per la tisi e avrebbe bisogno di cure e di una casa calda, perciò è necessaria la separazione. La tosse e i singhiozzi tradiscono la sua presenza e Rodolfo la stringe amorosamente tra le braccia.

Al colloquio dei due amanti, che si allontanano dopo la decisione di rinviare a primavera l’addio, si intreccia un serio litigio tra Musetta e Marcello, divorati dalla gelosia: anch’essi si separeranno.

 

QUADRO QUARTO – Rodolfo e Marcello, ormai separati dalle giovani, pensano con dolorosa nostalgia ai giorni belli dell’amore. Giungono Colline e Schaunard con una magra cena: pane e un’aringa. Arriva anche Musetta, con voce rotta, dicendo che Mimì si è accasciata sfinita per le scale. Ella è tornata morente nel luogo della sua felicità. Circondata dal calore degli amici e dell’amato Rodolfo ricorda con tenerezza i momenti del primo incontro, dell’inizio dell’amore. Adagiata sul guanciale, Mimì muore silenziosamente tra la disperazione dell’amato.

 

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TRADIMENTI DI BOHÈME

di Leo Muscato

(...) Nella nostra messa in scena, l’archetipo simbolico slitta nel soggetto storico che ha animato il maggio francese; ed è qui che tradiamo. Perché, nonostante l’epoca di barricate e di sampietrini divelti, non era certo intenzione di Murger fare dei suoi quattro bohémiens dei rivoluzionari protosocialisti antelitteram. Abbiamo tradito, sì, ma cercando parentele.
I nostri protagonisti, vivono e agiscono una delle più grandi rivoluzioni culturali del ‘900, decisamente diversa dalla scapigliatura, ma altrettanto dirompente. E poiché nei primi due quadri li vediamo allegri, divertiti, divertenti e spensierati, non riusciamo a immaginarceli con i libri di Althusser e di Marcuse nelle tasche. Pensiamo a loro piuttosto come a quel folto numero di giovani che ha animato il Sessantotto nei suoi aspetti di rivoluzione diffusa, culturale e di costume. È così che li abbiamo immaginati.

Mimì invece. Lei no. Non tradiamo la grisette dei fiori finti di Murger, né quella pucciniana, né questa che portiamo in scena e che lavora in una fabbrica che le insozza i polmoni sino a condurla alla morte.

Lei è soggetto storico privilegiato, non astratta categoria dell’anima, ma categoria sociale, semmai. Classe. Quella che nella seconda metà dell’800 si trova assembrata nelle fabbriche grigie di fumi velenosi e nei sobborghi mefitici delle metropoli industriali.

Lei è il movimento reale delle cose, è il sacrificio umano che sorregge l’impalcatura di pensiero rivoluzionario che si muove lungo i binari della storia. E se in questa messa in scena, Rodolfo, Marcello, Schaunard, Colline e Musetta sono forse pretestuosamente “sessantottini”, Mimì è invece la mia scelta d’elezione. Era operaia e ultima ai tempi di Murger, di Puccini; è un’operaia che crepa in questa messa in scena; è la morte bianca che affolla i nostri tempi.

Il movimento reale, la storia non lo scalza, proprio perché è carne, e sangue, e morte, in taluni casi. È stata Mimì a trascinarsi dietro tutti gli altri, noi compresi, per andare a posizionarsi proprio là dove la storia del ‘900 ha tentato la rivoluzione, riuscendovi solo a metà. Noi le abbiamo solo dato retta.

 

 

 

 

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